Fin dall’antichità, l’aceto ha lasciato traccia di sé nella storia di tutti i tempi, ma non sempre viene sottolineato quale ruolo fondamentale abbia avuto la donna nell’utilizzo di questo prodotto, tanto modesto quanto indispensabile nella gastronomia, nella medicina e anche nella cura della bellezza.
E Booz disse a Rhut: «Quando sarà l’ora di mangiare, vieni qua e mangia del pane ed intingi i tuoi bocconi nell’aceto», cita la Bibbia facendo riferimento a un’antica usanza ebraica.
Nell’antica Grecia, le donne spartane cucinavano il “brodetto spartano”, un piatto quotidiano e comune che consisteva in carne ben pestata, salata e abbondantemente condita con aceto, lo stesso che utilizzavano per curare le ferite di guerra dei loro uomini.
Si narra che Cleopatra, per vincere una scommessa e dimostrare il suo potere, sciolse la preziosa perla che indossava come pendente nell’aceto, offrirà poi questa bevanda afrodisiaca al suo amante Marco Antonio.
Virgilio, nelle sue Georgiche, descrive in questo modo una casa contadina dell’area emiliana: “è autunno… la donna siede al telaio tesse e canta oppure cuoce il mosto, il dolce succo, sul fuoco togliendo attentamente con una frasca la schiuma dal liquido ribollente sul paiolo”.
Caterina de’ Medici raccomandava per il mal di denti un decotto dalle proprietà miracolose a base di aceto.
Dal IX secolo divenne consuetudine corredare le doti delle giovani spose reggiane da vaselli di aceto balsamico e da piccole botticelle per il suo affinamento negli anni, usanza radicata ancora oggi nella tradizione reggiana.
E ancora, nel periodo della seconda guerra mondiale, le donne reggiane usavano l’aceto balsamico come moneta di scambio per sopravvivere alla povertà della campagna di quegli anni terribili.
Ci sono tantissimi racconti, tramandati fino ai giorni nostri, che danno il merito alla donna di avere intuito la possibilità dell’acetificazione, fino a rendere l’Aceto Balsamico il principe dei condimenti, e non solo…
Nel sottotetto di casa, regno indiscusso dominato dalle donne, in cui si raccoglievano le cose ormai in disuso, l’Aceto Balsamico veniva custodito e lasciato invecchiare…
“Così cominciava il rito. Aiutata dalle altre donne di casa mia madre, la più giovane, aveva il compito della pigiatura: si passava via, via alla bollitura del mosto nelle grandi caldaie di rame, al filtraggio… tutta la cucina, per giorni, ne era sconvolta, ma il nonno severissimo, ipercritico ed abitudinario non apriva bocca, sopportava in silenzio, poiché quello era un periodo d’interregno in cui le donne veramente dettavano legge! In quei giorni, però, la febbrile attività si fermava, come per incanto, alla porta della stanza dell’aceto, oltre quella soglia solo la nonna e un profondissimo silenzio.”
(da Le donne e l’aceto di Renato Bergonzini)
Nella produzione di Aceto Balsamico dunque, da sempre, la donna riveste un ruolo determinante, basti pensare che in Acetaia, ancora oggi, si utilizza il termine “mettere a balia” tutte le volte che un nuovo vasello, come un nuovo nato, viene accostato nella vecchia acetaia alla botte più anziana e più matura.
L’Aceto Balsamico non è solo un prodotto eccezionale, ma per ogni famiglia e azienda storica produttrice rappresenta un dono, simbolo di buon auspicio, affinché la tradizione venga a lungo conservata, con passione, dedizione e amore.